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Cuore a rischio per giovani italiani, specie se fumatori e sedentari

Siprec: promuovere sport e attività fisica

Giovani italiani sempre più preda di fumo, sedentarietà, obesità, scorretta alimentazione. Questo il quadro che emerge dai dati raccolti di diverse ricerche scientifiche esaminate dalla Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare – SIPREC. Alla luce di questa analisi, aggravata dalle tendenze favorite dalla pandemia, assume ancor più rilievo la Seconda Giornata Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare, promossa e organizzata dalla SIPREC per il 13 maggio 2022 per stimolare tutta la popolazione, a partire dai più giovani, a recuperare un sano stile di vita.

Nonostante le limitazioni imposte dalle leggi negli ultimi anni, l’Italia mantiene dati preoccupanti in merito al fumo di tabacco, con i più giovani che ancora non sono dissuasi dai messaggi che ne rendono note le conseguenze per l’organismo. “Il fumo provoca danni non solo ai polmoni, ma anche a livello cardiovascolare, con rischio di coronaropatie, che possono generare un infarto in fasi successive – sottolinea Francesco Perone, membro del board SIPREC Young – . Tra i dati di letteratura più allarmanti che riguardano l’Italia, vi è uno studio pubblicato il 31 Maggio 2021 dall’Istituto Superiore Sanità in collaborazione con l’Istituto Farmacologico Mario Negri: tra i 14 e i 17 anni, il 37,5% dei giovani ha già avuto contatto con il fumo di tabacco. Nel 2019, la ‘European School Survey Project on alcohol and other drugs’ sugli studenti europei di 15-16 anni ha rilevato che l’Italia è il Paese con la più alta percentuale di coloro che dichiarano di aver fumato sigarette nel corso della loro vita. La ‘Global Youth Tobacco Survey’ del 2018, su ragazzi di 13-15 anni, ha poi rilevato che nel 50% dei giovani intervistati, i genitori avevano fumato la settimana precedente in casa. Se il ruolo della famiglia è fondamentale, altrettanto si può dire per i media: alla domanda ‘se negli ultimi 30 giorni i ragazzi avessero sentito messaggi contro il fumo’ si nota che nel 2010 il 92% dichiarava di aver sentito messaggi in radio, TV, internet, giornali e film, mentre nel 2018 passiamo al 51%. Dati che dimostrano l’importanza di recuperare l’attenzione sul tema”.

Sulla sedentarietà i dati allarmanti arrivano direttamente dall’OMS: nel 2019 uno studio sul periodo 2001-2016 relativo agli adolescenti tra 11 e 17 anni denotava che a livello mondiale l’80% non raggiungeva livelli di attività fisica raccomandati. “Per l’Italia si parlava dell’88,6% di adolescenti che non svolge adeguata attività fisica – evidenzia Perone – Lo studio ‘Health behaviourin school-aged children’ del 2018 sui ragazzi italiani tra 11 e 15 anni rileva che solo uno su dieci raggiunge il target fissato dall’OMS di almeno 60 minuti di attività motoria moderata/intensa quotidiana. Inoltre, quasi il 50% dei ragazzi oltrepassa il limite indicato di 2 ore quotidiane davanti a uno schermo televisivo; dato che arriva al 70% durante il weekend. Per PC e tablet il dato si attesta al 40%, arrivando al 50% nel weekend. Questi dati pongono un problema di un’elevata inattività fisica. I rischi legati a questi comportamenti non salutari aumentano la mortalità a lungo termine”. “Sempre lo studio ‘Health behaviour in school-aged children’ si raccomanda di non saltare la prima colazione: una cattiva abitudine che può ridurre la capacità di concentrazione e di apprendimento, oltre che indurre a consumare snack nelle ore successive. Ciononostante, ben 1 adolescente su 4 non consuma mai il primo pasto della giornata – spiega Perone -. Delle consigliate 5 porzioni quotidiane di frutta e verdura, solo il 16,9% dichiara di consumarne più porzioni di frutta, mentre si arriva al 13% per la verdura. Per quanto riguarda grassi e zuccheri solo il 14% dichiara di non consumare bibite, mentre complessivamente il 27,5% consuma dolci dai 2 ai 4 giorni a settimana”. Questi dati inducono la SIPREC a intervenire su un’opera di sensibilizzazione più incisiva. “L’approccio per una corretta prevenzione cardiovascolare può apparire quasi banale – evidenzia il Prof. Massimo Volpe, Presidente SIPREC – Le priorità sono mangiare sano, fare attività fisica, evitare una vita sedentaria, non fumare, tenere bassi i livelli della pressione arteriosa, del colesterolo, evitare di sviluppare il diabete. Questo stile di vita deve essere implementato regolarmente e spesso viene sottovalutato, ma proprio partendo da queste misure si può salvare la vita, visto che le malattie cardiovascolari restano la prima causa di decessi e una delle prime cause di ospedalizzazione”. Proprio per questo, in occasione della Seconda Giornata per la Prevenzione Cardiovascolare sarà dedicata una particolare attenzione allo sport come stimolo ai giovani. “L’attività fisica notoriamente è antagonista delle malattie cardiovascolari, in quanto determina una vasodilatazione, una riduzione della pressione arteriosa, fornisce i meccanismi di prevenzione dell’ischemia acuta, nonché un’attitudine delle persone a stili di vita più salutari e una migliore condizione psico-fisica. È opportuno che l’attività fisica sia fatta con costanza e metodo. Per questo abbiamo voluto dare spazio a questa sinergia, prevenzione cardiovascolare e sport” aggiunge Volpe.


Fonte: askanews.it

I sintomi, le opzioni terapeutiche e l’importanza di una diagnosi precoce

L’endometriosi prende il nome dall’endometrio, il tessuto che normalmente riveste l’interno dell’utero. Quando questo cresce in modo anomalo al di fuori dell’utero, può causare lesioni e infiammazione in altre aree del corpo, come le ovaie e la zona pelvica, dando origine all’endometriosi: una malattia che colpisce circa 190 milioni di donne in età fertile (tra il 2% e il 10% della popolazione femminile mondiale), con una prevalenza che in Italia varia tra il 10% e il 15%. L’incidenza sale al 30-50% tra le donne infertili o con difficoltà a concepire. Le diagnosi accertate sono almeno 3 milioni.

“L’endometriosi è una patologia infiammatoria cronica, che colpisce soprattutto tra i 25 e i 35 anni, ma può manifestarsi anche in età più giovane – spiega Marco Grassi,ginecologo presso l’ospedale ‘C. e G. Mazzoni’ di Ascoli Piceno – le cause sono ancora poco note e la diagnosi, purtroppo, arriva spesso dopo molto tempo”.

Quali sono i sintomi? Il sintomo principale dell’endometriosi è il dolore, in particolare quello pelvico cronico, spesso associato a mestruazioni dolorose. Il dolore può anche manifestarsi durante i rapporti sessuali, l’evacuazione intestinale o la minzione. In alcuni casi, è così intenso da influire sulla vita quotidiana. Altri sintomi includono sanguinamenti abbondanti, disturbi intestinali e gonfiore addominale. Tuttavia, alcune donne possono non avere sintomi evidenti.

Come si diagnostica? “L’identificazione dell’endometriosi inizia con un’analisi dettagliata della storia clinica della paziente ed una precisa anamnesi – afferma il dottor Marco Grassi – inoltre è importante considerare la presenza di casi in famiglia, poiché esiste una predisposizione genetica alla condizione. Per una donna con sospetto di endometriosi, la visita ginecologica deve includere l’ecografia pelvica per rilevare cisti o tessuti anomali e, se necessario, una risonanza magnetica. L’endometriosi non è sempre uguale. I vari stadi L’endometriosi è suddivisa in quattro stadi, identificati dall’American Society for Reproductive Medicine (ASRM). La classificazione si basa sulla diffusione della patologia e sull’entità dei danni causati, che influenzano le opzioni terapeutiche disponibili.

Primo stadio: l’endometriosi è di entità minima, con lesioni di dimensioni contenute e il tessuto endometriale fuoriuscito dall’utero si presenta localizzato superficialmente.

Secondo stadio: il numero di lesioni è maggiore e sono più profonde.

Terzo stadio: aumento dell’estensione della malattia, con la presenza di cisti ovariche e la formazione di aderenze o cicatrici tra gli organi pelvici.

Quarto stadio: forma grave, con impianti profondi, cisti di notevoli dimensioni su una o entrambe le ovaie, e la presenza di aderenze e cicatrici.

L’endometriosi è inserita tra i LEA (Livelli essenziali di assistenza) nell’elenco delle patologie croniche e invalidanti. Nelle forme più avanzate (stadi III e IV), le pazienti hanno diritto ad esenzione per alcune prestazioni di controllo.

Esiste una cura? Non c’è una cura definitiva, ma diverse terapie possono gestire i sintomi, a seconda della gravità e del desiderio di gravidanza. Per il dolore, si utilizzano solitamente FANS e analgesici. “Nella scelta del trattamento è importante tenere in considerazione anche l’età della donna ed il relativo potenziale di fertilità – spiega il dottor Grassi – l’uso di estroprogestinico o progestinico può favorire un miglioramento dei sintomi, poiché inibisce la stimolazione ormonale e la crescita degli impianti endometriosici. Il trattamento con analoghi del GnRH, che blocca completamente la stimolazione ovarica e provoca effetti collaterali simili alla menopausa, è riservato a casi che necessitano di intervento chirurgico”.

Prevenzione Sensibilizzare verso la malattia è la migliore forma di prevenzione. “La scarsa consapevolezza contribuisce a un ritardo diagnostico di ben sette anni, con un impatto profondo sulla qualità della vita ed il benessere psico-fisico della donna” sottolinea il dottor Grassi.

E’ possibile rimanere incinta? L’endometriosi è responsabile di sub-fertilità o infertilità nel 30-40% dei casi. Tuttavia non è esclusa completamente la possibilità di restare incinta specie nelle donne che presentano forme meno gravi.

I cibi da mangiare e quali evitare? Si consiglia una dieta ricca di fibre (cereali integrali, legumi, frutta e verdura) e Omega 3 (pesce, frutta secca, semi, olio d’oliva, carne bianca e uova). Ridurre grano, carne rossa e latticini. Eliminare cibi infiammatori come prodotti industriali, farine raffinate, carni rosse, zucchero, alcol, caffeina e bevande gassate.

Lo sport aiuta? L’esercizio fisico stimola il rilascio di endorfine, che alleviano il dolore pelvico cronico, sintomo comune dell’endometriosi, e abbassa i livelli di estrogeni. Pratiche mente-corpo come lo yoga, possono ridurre stress, ansia e dolore, migliorando il benessere fisico e mentale delle pazienti con endometriosi.


Fonte: askanews.it

Basta ritardi nel rimborso dei bonus

La Regione Sicilia si appresta a digitalizzare la gestione dei buoni per i celiaci con l’adozione della piattaforma CELIACHI@RL di ARIA SPA, operativa da agosto prossimo. Una svolta attesa da tempo dai negozi specializzati, che però chiedono garanzie sui tempi di rimborso, spesso non rispettati. A farsi portavoce delle loro esigenze, informa una nota, sarà Michele Mendola, referente regionale di AINC – Associazione Italiana Negozi Celiachia e fondatore della community online CeliachiaFacile, nel corso dell’incontro promosso dall’Assessorato alla Salute della Regione Sicilia, in programma il 17 marzo.

“La Sicilia è una delle poche Regioni che ancora gestisce manualmente il rimborso dei buoni. Una volta utilizzato il bonus, l’esercente deve inviarlo alla ASP competente e, per legge, dovrebbe ricevere il rimborso entro 30 giorni. Tuttavia, questo termine non viene rispettato: i ritardi superano spesso i due mesi, a volte anche sei mesi e oltre, mettendo a rischio la sopravvivenza dei negozi specializzati” – spiega Mendola. La piattaforma CELIACHI@RL è stata sviluppata proprio per snellire la burocrazia e garantire una gestione più efficiente, con risultati positivi nelle Regioni che l’hanno già adottata. “Grazie anche al contributo di AINC, il sistema è stato ottimizzato e speriamo che in Sicilia possa finalmente garantire rimborsi puntuali. I negozi specializzati offrono un servizio essenziale per chi è intollerante al glutine e meritano maggiore tutela” – aggiunge Mendola.

Un ulteriore vantaggio della digitalizzazione riguarda i buoni spesa per i celiaci, attualmente utilizzabili solo nella propria Regione di residenza. Se la piattaforma verrà adottata su scala nazionale, sarà possibile spendere i buoni ovunque in Italia, facilitando la vita di chi si sposta per lavoro o per vacanza. Per illustrare le potenzialità della piattaforma e raccogliere le istanze dei titolari di negozi specializzati, AINC ha organizzato un incontro il 16 marzo a Palermo, presso l’Hotel Sirenetta, Viale dei Saraceni. Parteciperanno, oltre a Michele Mendola, anche Bruno Prandolini (Segretario Nazionale AINC), Giuseppe Fresolone (Amministratore Delegato di Ergo-Web) e Giovanna Manganotti (referente del Gruppo Sinergia).

Fonte: askanews.it

Studio Neuromed: “Risposta immunitaria protegge cuore da scompenso”

L’insufficienza cardiaca rappresenta una delle principali cause di mortalità legate all’ipertensione, una condizione che coinvolge milioni di persone in tutto il mondo. Ora uno studio guidato dall’Irccs Neuromed di Pozzilli e pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Immunity, svela un meccanismo biologico che coinvolge il cuore, il cervello e la milza nella risposta cardiaca al sovraccarico emodinamico cardiaco provocato dall’ipertensione arteriosa.

“Abbiamo scoperto – spiega Sara Perrotta, Ricercatrice dell’Irccs Neuromed, primo autore della ricerca – che il cuore, sotto pressione a causa dell’ipertensione, invia un segnale al cervello, che a sua volta attiva il sistema immunitario nella milza. Quest’ultima rilascia un fattore di crescita, chiamato Placental Growth Factor (PlGF), capace di stimolare specifiche cellule immunitarie presenti nel muscolo cardiaco, favorendo un rimodellamento inizialmente adattativo. Tuttavia, con il tempo, questo processo tende a peggiorare, compromettendo la funzionalità del cuore”.

La ricerca, condotta sia su modelli animali che nell’uomo, descrive un vero e proprio circuito biologico che collega tre organi: il cuore, che segnala il sovraccarico; il cervello, che processa l’informazione e invia comandi alla milza; e la milza stessa, che risponde producendo il PlGF, una molecola già nota per la sua importanza nei processi di crescita e riparazione dei tessuti. E si torna di nuovo al cuore: il PlGF stimola dei particolari macrofagi residenti in questo organo esprimenti il recettore Neuropilina-1. Queste cellule immunitarie, stimolate da PlGF, proliferano per favorire una risposta strutturale che consente al muscolo cardiaco di sopportare meglio la pressione elevata.

Lo studio non si è limitato agli esperimenti su modelli animali. Gli scienziati hanno infatti osservato che, anche in pazienti ipertesi, i livelli di PlGF nel sangue aumentano parallelamente ai segni di un rimodellamento del cuore. Inoltre, è stata individuata l’espressione di una particolare proteina, Neuropilina-1, nei macrofagi del tessuto cardiaco umano, confermando l’esistenza di un meccanismo simile anche nella nostra specie.

“Questa scoperta – commenta Daniela Carnevale, Professore Ordinario dell’Università Sapienza di Roma e Irccs Neuromed, ultimo nome e autore di riferimento dello studio – apre nuove prospettive nella comprensione di come il sistema nervoso e quello immunitario lavorino insieme per governare la risposta del cuore nei processi patologici che portano allo scompenso cardiaco. In futuro, potremmo immaginare strategie terapeutiche capaci di modulare questa risposta naturale per prevenire l’evoluzione dell’insufficienza cardiaca”.

Lo studio ha coinvolto ricercatori provenienti da diversi Istituti internazionali tra cui l’Università di Manchester, l’Università di Toronto e l’Università di Edimburgo, a testimonianza di una collaborazione scientifica globale su un tema di grande impatto per la salute pubblica.

Fonte: askanews.it