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Sono sicure ma non bloccano la malattia
Erano considerate una promettente opzione terapeutica, invece le cellule staminali mesenchimali autologhe, note per la loro capacità di modulare l’azione del sistema immunitario, sono sicure ma non riducono l’infiammazione cerebrale e le lesioni provocate dalla sclerosi multipla. Lo dimostra il più ampio studio clinico multicentrico internazionale mai condotto sull’argomento, coordinato dall’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova con l’Università di Genova e pubblicato oggi sulla rivista The Lancet Neurology. Lo studio MESEMS non chiude però tutte le porte alla speranza di poter trovare una strategia neuroprotettiva con le cellule staminali mesenchimali, perché la sicurezza e tollerabilità della procedura, unite alle potenzialità di queste cellule, spronano a indagare se altri tipi di staminali mesenchimali, altre vie di infusione e altri dosaggi o frequenze di somministrazione possano consentire in futuro risultati migliori.

“Dal 2003 AISM e la sua Fondazione, hanno scommesso su quello che allora era un territorio ancora inesplorato, promuovendo e finanziando importanti progetti di ricerca sull’utilizzo delle cellule staminali nella sclerosi multipla. Questo studio coordinato dal San Martino di Genova ha permesso di dare risposte certe alle persone con sclerosi multipla sulla sicurezza delle cellule staminali mesenchimali. Siamo fiduciosi che ulteriori studi su questo tipo di cellule e gli altri studi italiani su altre cellule staminali che finanziamo da anni e che vedono in prima linea anche i ricercatori dell’IRCCS di Genova possano rispondere a tutti quei quesiti che la scienza sottopone e alle attese delle persone per arrivare domani ad avere una terapia efficace per la riparazione del danno” ha spiegato Mario Alberto Battaglia Presidente della FISM.

Fonte: askanews.it

Migliorano qualità vita e favoriscono potenziali risparmi SSN
Il trattamento dell’asma in età pediatrica, soprattutto nelle sue forme più gravi, ha visto emergere importanti novità negli ultimi due anni, con effetti positivi a livello clinico, sul benessere quotidiano di questi giovani pazienti e sui costi generali di gestione della patologia. “Oggi abbiamo a disposizione dei nuovi farmaci biologici, anticorpi che agiscono su specifiche fasi della flogosi asmatica, utilizzati anche nell’adulto ma che risultano particolarmente importanti in età pediatrica. Alcuni di questi farmaci sono autorizzati a partire dai 12 anni, altri dai 6 anni”. A illustrare le ultime novità sui farmaci per il trattamento dell’asma grave è Giorgio Piacentini, professore ordinario di Pediatria presso l’Università degli studi di Verona, intervenuto sul tema con una relazione al XXV Congresso nazionale della Società Italiana per le Malattie Respiratorie Infantili (SIMRI), in corso a Verona fino al 26 ottobre.

“I bambini e gli adolescenti che non hanno un controllo ottimale della loro asma sono pazienti per i quali in passato – ricorda lo specialista – avevamo a disposizione o dosi molto elevate di steroidi inalatori da somministrare per lunghi periodi o, come unica alternativa, il cortisone per bocca, per via sistemica. Una terapia che, soprattutto in età pediatrica, deve essere seguita con molta attenzione anche in relazione ai possibili effetti collaterali. I farmaci biologici che abbiamo a disposizione oggi – chiarisce Piacentini – sono molto interessanti perché colpiscono quegli interruttori attraverso i quali l’infiammazione scatena la malattia, colpiscono dunque l’infiammazione di tipo 2 quella che coinvolge gli eosinofili, tipica dell’età pediatrica molto più che nell’adulto. In età adulta, infatti, non ci sono farmaci per l’asma grave che possano agire su fattori specifici di malattia, mentre in pediatria abbiamo la possibilità di intervenire in modo molto selettivo sui meccanismi di malattia. Si tratta di opportunità di terapia molto vantaggiose – tiene a precisare l’esperto – prima di tutto in termini di riduzione di possibili effetti collaterali ipotizzabili con i corticosteroidi, dati a dosaggi elevati per lungo tempo”.


Fonte: askanews.it

La pediatra Maria Enrica Quirico presenta il suo nuovo libro.
Un dialogo tra le cure tradizionali e i rimedi naturali, senza battaglie ideologiche, ma con la consapevolezza di voler contrastare l’uso smodato di farmaci, spesso non necessari, ma altrettanto spesso prescritti. Maria Enrica Quirico è una pediatra e un’omeopata che ha scritto il libro “Rimedi naturali per la mamma e il suo bambino – Cure omeopatiche e fiori di Bach dalla gravidanza alla prima infanzia”, uscito per le Edizioni Lswr.
“La relazione tra le cure naturali e le cure tradizionali – ha detto il medico ad askanews – dovrebbe essere una relazione di interazione. Ogni cura deve aiutare l’altra e deve essere scelta dal pediatra che segue il bambino a seconda della situazione che si trova a dover affrontare. Non vedo mai antitesi tra l’una e l’altra, deve sempre esserci una sinergia e ci deve essere la possibilità di capire quando utilizzare una e quando l’altra. Per fare questo bisogna conoscerle entrambe”.
Il libro è nato come una sorta di diario, in cui l’autrice ha raccolto gran parte delle domande che nell’arco della sua carriera si è sentita rivolgere dalle mamme in attesa e dalle neo mamme. E presenta una visione che si fonda sempre e comunque su solide basi scientifiche.
“Non stiamo più parlando di terapie omeopatiche dell’antichità – ha aggiunto la dottoressa – stiamo parlando di low dose therapy, bensì di medicine omeopatiche moderne, che hanno basi scientifiche e sono state sperimentate e riconosciute come efficaci. E’ sbagliatissimo vedere o nero o bianco: o utilizzo questo metodo o utilizzo l’altro. Utilissimo invece capire in base alle diverse situazioni quale utilizzare e, se necessario, anche entrambe”.
Il ricorso all’omeopatia, in particolare, è consigliato per creare un percorso di cura costruito sulla persona, sulle sue caratteristiche. Perché pure a una stessa patologia si riscontrano spesso risposte molto diverse. “Un bambino – ha concluso Maria Enrica Quirico – può avere allergia a un polline o a un inalante e manifestarla semplicemente con della tosse. Un altro bambino può avere invece con un’allergia una situazione pesantissima di broncospasmo o laringospasmo che richiede la terapia cortisonica. E noi gliela diamo, assolutamente. Però poi vediamo di costruire con questo bambino una situazione di base di rinforzo che lo aiuti a non arrivare più a queste situazioni estreme”.
Nell’ottica di una cultura della cura che possa essere a tutto tondo.

Fonte: askanews.it